Viaggio a sud / Imparare ad ascoltare un bosco 

Viaggio a sud / Imparare ad ascoltare un bosco 

12 ottobre, Foresta del Cansiglio.

 

Un autobus in arrivo dalla valle scollina e comincia a percorrere la strada che taglia in due l’altopiano. Svolta a destra, prosegue ancora per poco e si ferma nei pressi di un agriturismo. Sono le 11 del mattino e la nebbia si è appena diradata. L’aria è decisamente più fresca che in pianura e il cinguettio degli uccelli sembra più nitido e vicino. 

 

Una ventina di fabricanti scende dall’autobus. Ad accoglierli ci sono il Program Director Carlos Casas e il sound recordist Chris Watson. Sopra a un tavolone di legno, al centro del prato che circonda l’agriturismo, è appoggiata la strumentazione con cui Watson auspica di registrare un suono: il bramito dei cervi, cioè il verso che i maschi di questa specie emettono quando sono in amore. È un muggito dal tono molto basso. E ha due scopi: intimidire gli avversari e invitare le femmine all’accoppiamento.

 

Mentre Watson spiega come posizionare il camouflage per l’attrezzatura o quando usare i microfoni omnidirezionali anziché quelli unidirezionali, diventa chiaro che i cervi e il loro bramito sono solo un pretesto: oggi i fabricanti sono qui per imparare ad ascoltare. Bastano pochi passi all’interno della foresta e i suoni cambiano. Il calpestio, attutito dal sottobosco, si fa più leggero. I respiri più profondi: si sente la resina di pino. Dopo qualche minuto di cammino, i fabricanti giungono a una piccola radura. In direzione nord-est, gli alberi s’interrompono e il prato finisce in una parete scoscesa. L’acustica è ottima. In questo scenario persino le tele fitte dei ragni sembrano parte della progettazione di un ampio studio di registrazione immerso nel verde. Watson si ferma.

 

Ora non resta che aspettare l’imbrunire. Provare a distinguere i suoni lontani, evitando di parlare ai compagni. Scrutare tra gli alberi, in cerca di una traccia. Alcune orme fresche sul terreno segnalano che qualcuno è stato qui recentemente. Poco più in là, una corteccia scalfita rivela inequivocabilmente il passaggio di un cervo. I palchi cominciano a crescere a marzo, lentamente e sotto uno strato di un tessuto chiamato velluto. Alla fine dell’estate il palco è pronto e il velluto comincia a dare una sensazione di prurito ai cervi. Grattarsi sugli alberi può dare sollievo.

 

In un esemplare di cervo adulto, il palco può arrivare a pesare 15 kg. Per sostenerlo la muscolatura si fa più possente e il bramito più profondo. È per questo che i maschi più giovani, tra i due e cinque anni, faticano a riprodursi: il loro palco è più contenuto e il loro bramito meno forte. Le femmine preferiscono esemplari più maturi, dal bramito baritonale.

Questo significa che anche i cervi si ascoltano tra loro. Quando due maschi capiscono che l’intensità del loro bramito è simile, si avvicinano e si scontrano. È un duello intenso, ma non mortale. Il palco serve per dominare, non per ferire il corpo dell’avversario. E quando uno dei due cervi è esausto, si ritira. Il vincitore può prendersi (o riprendersi) la femmina. 

 

Sono queste le informazioni che i fabricanti registrano nel taccuino mentre due guide li accompagnano all’interno della foresta per l’avvistamento e l’ascolto. I cervi hanno paura dell’uomo. Per questo aspettano il calar del sole per scendere a valle a mangiare. Seduti e immobili, i fabricanti si passano il binocolo e scrutano i pascoli ai margini della foresta. Bisogna alzarsi e cambiare postazione facendo meno rumore possibile. Ogni passaggio umano genera un impatto sonoro sull’ambiente e sugli animali che lo abitano.

 

Finalmente, il binocolo inquadra un branco di esemplari in movimento, con il maschio al centro, a un centinaio di metri di distanza. I fabricanti seguono la scena. Non sentono direttamente i rumori, ma possono immaginarli: i passi sulla ghiaia, gli zoccoli che cozzano su uno steccato, le mandibole che brucano l’erba del prato. Pochi minuti dopo, il buio avvolge definitivamente la valle e quei lamenti che si percepivano a malapena, dalla distanza, ora si fanno più intensi per volume e frequenza. Il binocolo ora è uno strumento inutile. I microfoni installati da Watson, invece, diventano essenziali per captare i bramiti dei cervi e stabilire la loro posizione.

 

Un richiamo suona cupo di fronte ai fabricanti. Un altro li raggiunge da destra. Un altro ancora li sorprende da un punto indefinito alle loro spalle. Sentono ma non vedono. Proprio come i cervi, che si sentono ma non si vedono. Le guide esortano il gruppo a ritornare al parcheggio — si fa sempre più scuro e questo è il territorio dei cervi, non degli esseri umani— e a prestare attenzione a un suono in particolare. Qui in Cansiglio, in questa stagione, un colpo secco può significare una cosa sola: anche questa notte il duello è cominciato.

 

Testo di Giovanni Gerolin

 

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